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Omaggio Ravioli - Festeggia con noi

Non sentire la catena

Di @CesareLombardo  

Ph.@MarcoKanobelj 

Se avete gambe allenate, polmoni capienti e tanta passione ecco un itinerario cicloturistico da dieci e lode: quello che chiamiamo l’anellone delle Valli dell’Aveto e del Trebbia. Dove siamo? In Liguria, ovviamente, ai confini di quel territorio cosiddetto delle “Quattro Provincie” di Genova, Piacenza, Pavia e Alessandria che, delimitato dapprincipio sulla base della condivisione di tradizioni popolari legate a musiche e danze, si è poi esteso a un’accezione storico-geografica e, per quel che ci riguarda, anche escursionistica. Ma procediamo con ordine, perché i chilometri che ci aspettano sono già tanti e non conviene mettere troppa carne al fuoco, soprattutto se è quella dei nostri polpacci. Partiamo da Genova, così non ci sbagliamo e puntiamo decisi verso la Riviera di Levante

attraversando l’una dopo l’altra tutte quelle località che hanno sapore di sale e di mare: Bogliasco, Pieve Ligure, Sori, Recco, Camogli, Rapallo, Zoagli per giungere finalmente a Chiavari, dopo circa 35 chilometri e un paio di asperità, rappresentate dal Passo della Ruta e dalla salita delle Grazie. Lungo questo tragitto ci saremo fermati in una a caso delle località sopraddette per una colazione a base di focaccia (buttatevi pure in un forno qualsiasi, non c’è pericolo di restare delusi) e in un paio di punti panoramici per i selfie di rito: noi suggeriamo la vista che si gode su Genova e il Ponente ligure da Ruta di Camogli, nonché quella sul Golfo del Tigullio sino alle Cinque Terre dal valico delle Grazie. Se proprio volete una scusa per una sosta in più, potete anche sganciare il pedale tra Rapallo e Zoagli, poco prima della breve galleria, per ammirare, del Tigullio, lo scorcio compreso tra Rapallo, Santa Margherita Ligure e Portofino.

Da Chiavari prendiamo in direzione Carasco, che raggiungiamo dopo circa 5 chilometri di strada un po’ trafficata, soprattutto nei giorni feriali. Da qui, non vi potete sbagliare; i cartelli che indicano Rezzoaglio e Santo Stefano d’Aveto vi danno la giusta direzione. Sino a Borzonasca sono 10 chilometri di strada prevalentemente pianeggiante, con qualche salitella qua e là, dopodiché attacchiamo i 10 chilometri circa di salita e 700 metri di dislivello che ci portano, pedalando agilmente e senza particolari strappi, al Passo della Forcella che è anche un importante terminale di tappa dell’Alta Via dei Monti Liguri 

Intanto per cominciare, visto che abbiamo detto che è pedalabile, godetevi la salita: attraverserete suggestivi paesini, gallerie ombrose di pini marittimi, ampi balconi panoramici addossati sul verde dei prati E poi lassù, agli 871 metri della Forcella, che è la vera porta delle Valli dell’Aveto, prendetevi il tempo per ammirare, per respirare e per compiacervi, scrutando il fondovalle, della strada percorsa.  

Magari inizierete ad avvertire un po’ di stanchezza, o forse no perché siete super allenati, oppure un leggero languore; comunque sia, ora avrete sollievo perché dal Passo sino alla frazione di Cabanne di Rezzoaglio vi potrete godere un po’ di discesa e un pur breve tratto di rilassante pianura. Siamo nella patria della mucca cabannina, unica razza bovina autoctona della Liguria, per la produzione a chilometro zero di latte e formaggi assai prelibati. Questo per dire che, se vi doveste imbattere in un casaro, potrebbe valere la pena una sosta per un’addentata di formaggetta o una spalmata di ricotta su una fetta di pane, così alla buona: tanto siamo in bici, mica stiamo andando prendere l’aperitivo con la morosa.

Ora però non rilassiamoci troppo perché da Cabanne di Rezzoaglio dobbiamo prendere a sinistra, seguendo l’indicazione per Fontanigorda, affrontando i 5 chilometri per 400 metri di dislivello del Passo del Fregarolo. Lo dice la parola stessa: se non arrivate in ordine ad affrontare questa salita, siete fregati. Ma no, scherzo: se ne esco vivo io, che sono un tapascione, c’è speranza per tutti, anche se ogni tanto è necessario alzarsi sui pedali, mordere un po’ il manubrio, ondeggiare a destra e a sinistra per tagliare l’erta nei punti più perfidi. È una salita vera, come si dice in gergo, però ripagante; vuoi per i panorami che offre, vuoi per il bosco, che ci avvolge e sembra voler alleviare i nostri sforzi, almeno sino ai 1200 metri del valico. Siccome qui nessuno si sta allenando per il Tour de France, nulla vieta che a metà salita non vi possiate fermare un attimo ad ammirare le cime più significate della Val d’Aveto i cui nomi ve li snocciolo qui: Monte Penna, Aiona e Maggiorasca. Una volta valicato, eccoci in Val Trebbia e subito giù per una discesa da affrontare con la dovuta attenzione sino a Casoni di Fontanigorda.

Poco prima di arrivarci, sull’ultimo tornante, fermiamoci di nuovo. Ricordate che si parlava del territorio delle Quattro Provincie? Orbene, qui siamo in provincia di Genova, ma se guardate verso il fondo valle siete già nel piacentino, se invece puntate la riconoscibilissima cima del Monte Lesima (quello con la postazione radar sulla vetta) siete sullo spartiacque tra le valli Boreca e Staffora e sul confine della provincia di Pavia, se invece guardate verso la catena dell’Antola propriamente detta sapete che là oltre c’è la Val Borbera, e quindi la provincia di Alessandria. Finita la lezione di geografia, possiamo proseguire verso Fontanigorda dove – anche qui parla il toponimo stesso – se siete rimasti a secco con le borracce le potrete finalmente riempire con freschissima acqua di sorgente. A parte la sete, però, può anche essere che, giunti a questo punto, pure la fame inizi a farsi sentire.

Ma niente paura: Rovegno e la Taverna sono ormai a pochi colpi di pedale e ben presto un bel piatto di ravioli con sugo alla genovese, il celeberrimo “tuccu”, potrà abbondantemente ripagarvi della fatica. Conviene davvero fare benzina anche perché, dopo la pausa pranzo, ci aspettano un bel po’ di chilometri sulla statale 45 della Val Trebbia, una di quelle strade all’apparenza pianeggianti, ma che in realtà si snodano in un famigerato “mangiaebevi” che, se ti coglie in crisi di fame, ti colpisce come un pugno di Mike Tyson. Dalla Taverna Val Trebbia si riparte quindi in direzione Loco di Rovegno – buen retiro del poeta Giorgio Caproni – e poi alla volta di Montebruno, dove è opportuna un’altra pur breve sosta, stavolta non tanto per riempirsi la pancia, quanto per ammirare il ponte in pietra sul Trebbia e il Santuario di Nostra Signora di Montebruno. Proseguiamo quindi in direzione Torriglia che raggiungeremo (e qui: attenzione!) non certo attraversando le lunghe, mal illuminate e pericolosissime gallerie della statale, ma deviando poco prima sulla sinistra e seguendo l’indicazione per Buffalora. Eccoci così su una bella strada secondaria, di quelle che in autunno si coprono di foglie e che ci farà calare su Torriglia dall’alto della piccola frazione da cui, ancora poco più su, partono i bei sentieri da percorrere a piedi che portano sulla vetta del Monte Lavagnola, sull’Alta Via dei Monti Liguri e su quella famosa “via del sale” o “via del mare” che unisce Varzi a Camogli.  

La nostra gita volge ormai al termine: da Torriglia in meno di un’ora e mezza rientreremo nel centro di Genova valicando, dapprima, il Passo della Scoffera (altro terminale di tappa dell’Alta Via) e poi scendendo verso il quartiere genovese di Prato attraverso la strada provinciale di Davagna. Arrivati in fondo alla discesa e prima di buttarsi – ahimè – nel traffico cittadino è bene gettare uno sguardo alla struttura dell’acquedotto storico, lungo il quale si snoda un piacevole cammino che suggerisce, a chi a ama il lento andare, un modo alternativo di percorrere la Val Bisagno.

L’anello di Pietranera

Di @CesareLombardo  

Passata la Pasqua è tempo di ponti primaverili, che ci proiettano a grande velocità verso i weekend estivi, con le giornate che si allungano a dismisura e le temperature che invogliano all’outdoor. La classica gita fuori porta del sabato o della domenica si arricchisce della possibilità di fare sano movimento nella natura, regalandosi il tempo di una gita a piedi o in bicicletta. 

Per chi predilige le due ruote, ecco il suggerimento di uno stimolante itinerario con partenza e arrivo dalla Taverna della Val Trebbia

Si parte in direzione Rovegno, lasciandosi alle spalle la SS45, per raggiungere il capoluogo dopo pochi minuti di leggera salita. Al primo bivio non si può sbagliare: svolta a sinistra in direzione Foppiano, si transita a fianco della Parrocchiale e subito inizia una salita piuttosto impegnativa di 4 chilometri che ci porterà alla frazione di Pietranera. 

La strada è però fresca, ombrosa, immersa nel bosco per cui la nostra pedalata sarà piacevole con la possibilità, se siamo fortunati, di ammirare qualche capriolo risalire velocemente le balze al nostro sopraggiungere.

A un chilometro circa dall’abitato di Pietranera si apre sulla destra una strada sterrata piuttosto larga che, per chi monta le cosiddette gomme grasse, può essere percorsa sino alla vecchia Colonia di Rovegno, oggi in stato di abbandono, ma assai suggestiva per gli amanti del cosiddetto “urbex”.  

Altrimenti, proseguendo sulla provinciale, si arriva direttamente a Pietranera, introdotta da un’ampia curva per una foto da cartolina, coi suoi prati scintillanti, il campanile, le rare case tutt’attorno.  

Tiriamo un sospiro, di sollievo perché la dura salita è finita, ma anche di ammirato appagamento per una citazione bucolica stupefacente. Poco sopra Pietranera – la fatica supplementare richiesta è davvero minima – si raggiunge Foppiano (punto di partenza per escursioni a piedi o in mountain bike verso il Montarlone) se non altro per ammirare da vicino un tradizionale agglomerato di media montagna.  

Lanciamoci ora in direzione Casanova, lungo una meravigliosa strada di mezza costa di 5 km con vista mozzafiato sulla catena dell’Antola dominata, verso nord, dall’evidente cima del Monte Alfeo. Al limitare del bosco di castagno, ecco spuntare l’abitato di Casanova che raggiungeremo ormai con pochi colpi di pedale e pressoché in discesa. Non ci resta ora che puntare verso Fontanigorda, affiancando la chiesa Parrocchiale di San Pietro e facendo attenzione a non perderci, dopo poche centinaia di metri di discesa, l’antico ponte sul torrente Pescia e il mulino risalente al XII secolo. Meno di un chilometro ed eccoci a Fontanigorda, “Fonta” per gli amici 

Se non abbiamo fretta, vale la pena una sosta per una visita al celebre “Bosco delle Fate”, una vera e propria attrazione per i bambini, un “buen retiro” per gli adulti in cerca di pace e relax

Il centro urbano di Fontanigorda è minuscolo, ma vale la pena di essere attraversato in bicicletta, se non altro per ammirare la piazza della Chiesa, per proseguire lungo il carruggio di via Monte Ortigara e riconnettersi quindi alla provinciale. 

È ora di rientrare. Ci involiamo lungo i tre chilometri di discesa sino a Loco, riportandoci quindi nel territorio del Comune di Rovegno. Da Loco, la prediletta del poeta Giorgio Caproni nel cui piccolo cimitero riposa, pedaliamo agilmente in pianura sino alla Taverna, che raggiungeremo in pochi minuti lungo la mitica SS 45. 

Il giro del Monte Antola

Di @CesareLombardo  

Ph.@MarcoKanobelj 

La chiamano la montagna dei genovesi, ma i genovesi sono parsimoniosi non egoisti e quindi il Monte Antola, incastonato nell’omonimo Parco Naturale (www.parcoantola.it), è una bellezza fruibile da tutti e in qualsiasi stagione. La fioritura primaverile dei narcisi è quasi un marchio IGP, come la focaccia col formaggio di Recco, ma ciò non toglie che in Antola sia consigliabile salire ogniqualvolta si abbia voglia di ascoltare il respiro della terra, nel mutante volgere delle cosiddette biodiversità che rendono il territorio del Parco dell’Antola una meta irrinunciabile per gli amanti dell’escursionismo. 

Tutti i sentieri portano in Antola, che non sarà la montagna caput mundi, ma che è veramente raggiungibile da svariati punti di partenza e pure con diversi mezzi. Eh sì, perché nell’era futuristica delle e-bike si può pensare di giungere in vetta non solo a piedi, ma anche in sella a una bicicletta elettrica, sempre che le gambe non siano così poderose da permettere al biker di arrancare con la sola forza dei propri muscoli.

Nel caso, stretta di mano e complimenti vivissimi anche perché i sentieri, con i molti tratti di cosiddetto “single track”, non sono affatto semplici da praticare per gli amanti delle ruote grasse cui è richiesta, oltre a una buona forma fisica, anche un’affinata tecnica di conduzione. 
Ma procediamo con ordine e immaginiamo di dover consigliare almeno tre diversi modi per salire sino alla base del
la croce bianca della vetta.
 

Per grandi camminatori 

Dal 2000 il Cai di Sampierdarena organizza una manifestazione di grande fascino, da un paio d’anni purtroppo ferma causa pandemia: la Rigantoca. Si tratta di una marcia non competitiva di oltre 43 chilometri che parte dalle alture genovesi del Righi, sale al Monte Antola e termina nel paesino di Caprile, alle sue propaggini: RIG-ANTO-CA.  

Tuttavia, il percorso è lì, a disposizione di tutti e in qualsiasi periodo dell’anno a eccezione, forse, dei soli mesi con le giornate più corte, sempre che non si metta in conto di camminare qualche ora a luce di frontale. Unica raccomandazione: l’itinerario è adatto a un pubblico allenato. Si tratta, infatti, di percorrere dapprima circa 10 chilometri prevalentemente pianeggianti sulla costiera divisoria tra Val Bisagno e Val Polcevera, di salire alla Chiesetta di Sella e, dopo ancora un po’ di leggera salita, di scendere a precipizio in Valle Scrivia, in località Pratogrande di Avosso. Neanche il tempo di rigenerare le gambe e va subito affrontata la salita forse più dura di tutto il percorso: quella alla Chiesetta della Gorra, da cui si inizia ad ammirare la catena dell’Antola dal versante della Valbrevenna. Da qui, inizia la lunga, costante, ma non ripida salita verso la vetta dell’Antola attraverso i paesini sperduti della rustica Valbrevenna, le caratteristiche cappellette, i ruderi dei vecchi insediamenti rurali e lungo crinali inondati di luce e di colori, come quello sovrastante la Val Pentemina. Poco sotto la vetta, a 1460 metri, ecco il Rifugio Monte Antola  (www.rifugioantola.com). 

Dopo essersi rifocillati al rifugio, ancora un piccolo sforzo e siamo alla croce bianca della vetta, a 1597 metri. A parte i selfie” di rito, qui vale davvero la pena, se il vento in quota lo consente, prendersi qualche minuto per ammirare un panorama unico che spazia dal mare delle due Riviere alla catena delle Alpi di cui, nelle giornate più terse, sono visibili il Monte Rosa, il Cervino e il Monviso. Altrimenti, ci si può accontentare, si fa per dire, della sottostante ValBrugneto, con l’inconfondibile lago che è risorsa idrica per Genova e per il piacentino. E poi le cime più significative dell’Appennino nel territorio cosiddetto delle quattro provincie: Alessandria, Pavia, Piacenza oltre, ovviamente, Genova che qui è padrona di casa. A questo punto, la lunga gita è pressoché terminata; si può scendere verso Caprile, se proprio si vuole rispettare il percorso della Rigantoca, ma questo vale solo per chi ha la possibilità di farsi venire a recuperare da parenti o amici. Altrimenti, è consigliabile scendere direttamente a Torriglia, seguendo le evidenti paline segnaletiche, dove fanno capolinea le corriere che, in un’ora circa, riconducono a Genova, in pieno centro e proprio di fronte alla stazione ferroviaria.

Per chi ama pedalare 

A parte la possibilità di praticare mountain bike, con o senza propulsione elettrica, sui molti sentieri di crinale dell’Antola (cercate su Facebook la pagina dell’Antola Bike Park Area), una gita che ha sempre affascinato chi scrive nasce dall’idea – purtroppo mai realizzata – di organizzare un triathlon dal mare di Genova alla vetta dell’Antola. In sostanza, basta riprendere almeno parte di quell’idea, limitandola alle due frazioni del ciclismo e del podismo, che in questo caso è trekking o, se proprio abbiamo una marcia in più, trail running.

Stabiliamo allora di partire dal centro di Genova, o meglio dal lungomare di Corso Italia, in sella alla bicicletta (per chi desidera utilizzare l’e-bike chiuderemo un occhio) e di risalire la Val Bisagno per giungere, lungo la meno trafficata strada provinciale che attraversa il territorio del comune di Davagna, sino al Passo della Scoffera, che è terminale di tappa dell’Alta Via dei Monti Liguri. Da qui, dopo breve discesa e poi ancora qualche chilometro di salita, si raggiunge Torriglia dove è raccomandabile una sosta appetitosa per gustare il tipico canestrello, delizioso dolce della tradizione locale che ogni maestro pasticcere fa un po’ a modo suo, senza mai deludere le aspettative dei buongustai. Da Torriglia, il percorso procede in salita per altri cinque chilometri sino alla galleria di Garaventa, oltrepassata la quale si apre lo scenario incantevole della Val Brugneto e dell’omonimo lago, della catena dell’Antola propriamente detta e di tutte le frazioni e i paesi disposti a corona sopra l’invaso: Bavastri, Bavastrelli, Propata, Caffarena, Rondanina. E proprio a Bavastrelli lasciamo la bici per proseguire a piedi la nostra ascesa: di buon passo, in un’ora e mezza si raggiunge la vetta e il primo orizzonte cui lo sguardo anela è proprio quello del mare, non fosse altro per congratularsi con stessi all’idea di essere partiti da laggiù sei o sette ore prima. E ora coraggio: il ritorno è quasi tutto in discesa. Quasi: ricordate che siamo in Liguria.

L’Antola per tutti, soprattutto per famiglie 

Chi ha letto sino a qui può avere l’impressione che in Antola possano salire solo ultratrailer o ironman. Niente paura. L’Antola è per tutti. Soprattutto per chi desidera godersi una giornata di sano e rilassante cammino nella Natura. Soprattutto, possono salire famiglie con bambini, sia perché i sentieri escursionistici sono semplici e privi di pericoli, sia per l’interesse didattico legato alle biodiversità di cui si diceva all’inizio, con il corollario delle varietà paesaggistiche, floreali e faunistiche che rendono quest’area un libro di scienze naturali a cielo aperto. Infine, per parlare più alla pancia dei piccoli escursionisti, non dimentichiamo il rifugio, con la possibilità di un meritato pranzetto o di una merenda, o addirittura di pernottare, per vivere – magari – la prima esperienza di una notte in quota, non prima di avere ammirato lo spettacolo di una stellata, in un cielo dove praticamente non esiste inquinamento luminoso. 

Ce n’è più che a sufficienza, mi pare, per decidere di partire, zaino in spalla, per la vetta dell’Antola salendo da uno dei molti punti di accesso alla vetta. Per una gita davvero a misura di bambino, raccomando vivamente di consultare l’enciclopedia on line delle gite in Liguria adatte alle famiglie www.101giteinliguria.it 

Detto questo, non posso certo esimermi dal dare il mio consiglio. Salite in auto sino alla località detta Casa del Romano, sopra il comune di Propata. Occorre solo stare in guardia verso una streghetta di nome cinetosi: se i vostri bambini, cioè, soffrono di mal d’auto, è meglio che rinunciate per pietà verso i tappetini dell’automobile. Ma se il rischio non sussiste, vale davvero la pena raggiungere questo panoramico crocevia tra le Valli Trebbia e Borbera, caratterizzato da un osservatorio astronomico dove si svolgono diverse interessanti attività di divulgazione scientifica adatte, ovviamente, anche ai più piccoli. Da qui, siamo già a 1400 metri di quota, la salita all’Antola è la più facile, per lo meno quella con minore dislivello, ma non per questo poco attraente in quanto percorre un sentiero di crinale che permette di ammirare, da un lato, l’abisso della Val Borbera, dall’altro, l’ampia e solare Val Trebbia sino a che non ci si tuffa nella faggeta che, risalendo il fianco ovest dell’Antola, culmina ai piedi della bella e fiera croce bianca, che si raggiunge in un batter d’occhio, dopo la doverosa sosta alla Cappella di San Pietro per una preghiera, per i più devoti, o perché la tradizione del “salire in Antola” vuole così. 

Io vi lascio qui: dopo avervi raccontato molto, dell’Antola, ma sicuramente non tutto. Chissà quante cose sono rimaste intrappolate nella tastiera. Poco male: salite lassù, ammirate, giudicate con i vostri occhi e scoprite pure da soli il perché i genovesi sono parsimoniosi, ma non egoisti.