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CARICAMENTO

Omaggio Ravioli - Festeggia con noi

Non sentire la catena

Di @CesareLombardo  

Ph.@MarcoKanobelj 

Se avete gambe allenate, polmoni capienti e tanta passione ecco un itinerario cicloturistico da dieci e lode: quello che chiamiamo l’anellone delle Valli dell’Aveto e del Trebbia. Dove siamo? In Liguria, ovviamente, ai confini di quel territorio cosiddetto delle “Quattro Provincie” di Genova, Piacenza, Pavia e Alessandria che, delimitato dapprincipio sulla base della condivisione di tradizioni popolari legate a musiche e danze, si è poi esteso a un’accezione storico-geografica e, per quel che ci riguarda, anche escursionistica. Ma procediamo con ordine, perché i chilometri che ci aspettano sono già tanti e non conviene mettere troppa carne al fuoco, soprattutto se è quella dei nostri polpacci. Partiamo da Genova, così non ci sbagliamo e puntiamo decisi verso la Riviera di Levante

attraversando l’una dopo l’altra tutte quelle località che hanno sapore di sale e di mare: Bogliasco, Pieve Ligure, Sori, Recco, Camogli, Rapallo, Zoagli per giungere finalmente a Chiavari, dopo circa 35 chilometri e un paio di asperità, rappresentate dal Passo della Ruta e dalla salita delle Grazie. Lungo questo tragitto ci saremo fermati in una a caso delle località sopraddette per una colazione a base di focaccia (buttatevi pure in un forno qualsiasi, non c’è pericolo di restare delusi) e in un paio di punti panoramici per i selfie di rito: noi suggeriamo la vista che si gode su Genova e il Ponente ligure da Ruta di Camogli, nonché quella sul Golfo del Tigullio sino alle Cinque Terre dal valico delle Grazie. Se proprio volete una scusa per una sosta in più, potete anche sganciare il pedale tra Rapallo e Zoagli, poco prima della breve galleria, per ammirare, del Tigullio, lo scorcio compreso tra Rapallo, Santa Margherita Ligure e Portofino.

Da Chiavari prendiamo in direzione Carasco, che raggiungiamo dopo circa 5 chilometri di strada un po’ trafficata, soprattutto nei giorni feriali. Da qui, non vi potete sbagliare; i cartelli che indicano Rezzoaglio e Santo Stefano d’Aveto vi danno la giusta direzione. Sino a Borzonasca sono 10 chilometri di strada prevalentemente pianeggiante, con qualche salitella qua e là, dopodiché attacchiamo i 10 chilometri circa di salita e 700 metri di dislivello che ci portano, pedalando agilmente e senza particolari strappi, al Passo della Forcella che è anche un importante terminale di tappa dell’Alta Via dei Monti Liguri 

Intanto per cominciare, visto che abbiamo detto che è pedalabile, godetevi la salita: attraverserete suggestivi paesini, gallerie ombrose di pini marittimi, ampi balconi panoramici addossati sul verde dei prati E poi lassù, agli 871 metri della Forcella, che è la vera porta delle Valli dell’Aveto, prendetevi il tempo per ammirare, per respirare e per compiacervi, scrutando il fondovalle, della strada percorsa.  

Magari inizierete ad avvertire un po’ di stanchezza, o forse no perché siete super allenati, oppure un leggero languore; comunque sia, ora avrete sollievo perché dal Passo sino alla frazione di Cabanne di Rezzoaglio vi potrete godere un po’ di discesa e un pur breve tratto di rilassante pianura. Siamo nella patria della mucca cabannina, unica razza bovina autoctona della Liguria, per la produzione a chilometro zero di latte e formaggi assai prelibati. Questo per dire che, se vi doveste imbattere in un casaro, potrebbe valere la pena una sosta per un’addentata di formaggetta o una spalmata di ricotta su una fetta di pane, così alla buona: tanto siamo in bici, mica stiamo andando prendere l’aperitivo con la morosa.

Ora però non rilassiamoci troppo perché da Cabanne di Rezzoaglio dobbiamo prendere a sinistra, seguendo l’indicazione per Fontanigorda, affrontando i 5 chilometri per 400 metri di dislivello del Passo del Fregarolo. Lo dice la parola stessa: se non arrivate in ordine ad affrontare questa salita, siete fregati. Ma no, scherzo: se ne esco vivo io, che sono un tapascione, c’è speranza per tutti, anche se ogni tanto è necessario alzarsi sui pedali, mordere un po’ il manubrio, ondeggiare a destra e a sinistra per tagliare l’erta nei punti più perfidi. È una salita vera, come si dice in gergo, però ripagante; vuoi per i panorami che offre, vuoi per il bosco, che ci avvolge e sembra voler alleviare i nostri sforzi, almeno sino ai 1200 metri del valico. Siccome qui nessuno si sta allenando per il Tour de France, nulla vieta che a metà salita non vi possiate fermare un attimo ad ammirare le cime più significate della Val d’Aveto i cui nomi ve li snocciolo qui: Monte Penna, Aiona e Maggiorasca. Una volta valicato, eccoci in Val Trebbia e subito giù per una discesa da affrontare con la dovuta attenzione sino a Casoni di Fontanigorda.

Poco prima di arrivarci, sull’ultimo tornante, fermiamoci di nuovo. Ricordate che si parlava del territorio delle Quattro Provincie? Orbene, qui siamo in provincia di Genova, ma se guardate verso il fondo valle siete già nel piacentino, se invece puntate la riconoscibilissima cima del Monte Lesima (quello con la postazione radar sulla vetta) siete sullo spartiacque tra le valli Boreca e Staffora e sul confine della provincia di Pavia, se invece guardate verso la catena dell’Antola propriamente detta sapete che là oltre c’è la Val Borbera, e quindi la provincia di Alessandria. Finita la lezione di geografia, possiamo proseguire verso Fontanigorda dove – anche qui parla il toponimo stesso – se siete rimasti a secco con le borracce le potrete finalmente riempire con freschissima acqua di sorgente. A parte la sete, però, può anche essere che, giunti a questo punto, pure la fame inizi a farsi sentire.

Ma niente paura: Rovegno e la Taverna sono ormai a pochi colpi di pedale e ben presto un bel piatto di ravioli con sugo alla genovese, il celeberrimo “tuccu”, potrà abbondantemente ripagarvi della fatica. Conviene davvero fare benzina anche perché, dopo la pausa pranzo, ci aspettano un bel po’ di chilometri sulla statale 45 della Val Trebbia, una di quelle strade all’apparenza pianeggianti, ma che in realtà si snodano in un famigerato “mangiaebevi” che, se ti coglie in crisi di fame, ti colpisce come un pugno di Mike Tyson. Dalla Taverna Val Trebbia si riparte quindi in direzione Loco di Rovegno – buen retiro del poeta Giorgio Caproni – e poi alla volta di Montebruno, dove è opportuna un’altra pur breve sosta, stavolta non tanto per riempirsi la pancia, quanto per ammirare il ponte in pietra sul Trebbia e il Santuario di Nostra Signora di Montebruno. Proseguiamo quindi in direzione Torriglia che raggiungeremo (e qui: attenzione!) non certo attraversando le lunghe, mal illuminate e pericolosissime gallerie della statale, ma deviando poco prima sulla sinistra e seguendo l’indicazione per Buffalora. Eccoci così su una bella strada secondaria, di quelle che in autunno si coprono di foglie e che ci farà calare su Torriglia dall’alto della piccola frazione da cui, ancora poco più su, partono i bei sentieri da percorrere a piedi che portano sulla vetta del Monte Lavagnola, sull’Alta Via dei Monti Liguri e su quella famosa “via del sale” o “via del mare” che unisce Varzi a Camogli.  

La nostra gita volge ormai al termine: da Torriglia in meno di un’ora e mezza rientreremo nel centro di Genova valicando, dapprima, il Passo della Scoffera (altro terminale di tappa dell’Alta Via) e poi scendendo verso il quartiere genovese di Prato attraverso la strada provinciale di Davagna. Arrivati in fondo alla discesa e prima di buttarsi – ahimè – nel traffico cittadino è bene gettare uno sguardo alla struttura dell’acquedotto storico, lungo il quale si snoda un piacevole cammino che suggerisce, a chi a ama il lento andare, un modo alternativo di percorrere la Val Bisagno.

L’anello di Pietranera

Di @CesareLombardo  

Passata la Pasqua è tempo di ponti primaverili, che ci proiettano a grande velocità verso i weekend estivi, con le giornate che si allungano a dismisura e le temperature che invogliano all’outdoor. La classica gita fuori porta del sabato o della domenica si arricchisce della possibilità di fare sano movimento nella natura, regalandosi il tempo di una gita a piedi o in bicicletta. 

Per chi predilige le due ruote, ecco il suggerimento di uno stimolante itinerario con partenza e arrivo dalla Taverna della Val Trebbia

Si parte in direzione Rovegno, lasciandosi alle spalle la SS45, per raggiungere il capoluogo dopo pochi minuti di leggera salita. Al primo bivio non si può sbagliare: svolta a sinistra in direzione Foppiano, si transita a fianco della Parrocchiale e subito inizia una salita piuttosto impegnativa di 4 chilometri che ci porterà alla frazione di Pietranera. 

La strada è però fresca, ombrosa, immersa nel bosco per cui la nostra pedalata sarà piacevole con la possibilità, se siamo fortunati, di ammirare qualche capriolo risalire velocemente le balze al nostro sopraggiungere.

A un chilometro circa dall’abitato di Pietranera si apre sulla destra una strada sterrata piuttosto larga che, per chi monta le cosiddette gomme grasse, può essere percorsa sino alla vecchia Colonia di Rovegno, oggi in stato di abbandono, ma assai suggestiva per gli amanti del cosiddetto “urbex”.  

Altrimenti, proseguendo sulla provinciale, si arriva direttamente a Pietranera, introdotta da un’ampia curva per una foto da cartolina, coi suoi prati scintillanti, il campanile, le rare case tutt’attorno.  

Tiriamo un sospiro, di sollievo perché la dura salita è finita, ma anche di ammirato appagamento per una citazione bucolica stupefacente. Poco sopra Pietranera – la fatica supplementare richiesta è davvero minima – si raggiunge Foppiano (punto di partenza per escursioni a piedi o in mountain bike verso il Montarlone) se non altro per ammirare da vicino un tradizionale agglomerato di media montagna.  

Lanciamoci ora in direzione Casanova, lungo una meravigliosa strada di mezza costa di 5 km con vista mozzafiato sulla catena dell’Antola dominata, verso nord, dall’evidente cima del Monte Alfeo. Al limitare del bosco di castagno, ecco spuntare l’abitato di Casanova che raggiungeremo ormai con pochi colpi di pedale e pressoché in discesa. Non ci resta ora che puntare verso Fontanigorda, affiancando la chiesa Parrocchiale di San Pietro e facendo attenzione a non perderci, dopo poche centinaia di metri di discesa, l’antico ponte sul torrente Pescia e il mulino risalente al XII secolo. Meno di un chilometro ed eccoci a Fontanigorda, “Fonta” per gli amici 

Se non abbiamo fretta, vale la pena una sosta per una visita al celebre “Bosco delle Fate”, una vera e propria attrazione per i bambini, un “buen retiro” per gli adulti in cerca di pace e relax

Il centro urbano di Fontanigorda è minuscolo, ma vale la pena di essere attraversato in bicicletta, se non altro per ammirare la piazza della Chiesa, per proseguire lungo il carruggio di via Monte Ortigara e riconnettersi quindi alla provinciale. 

È ora di rientrare. Ci involiamo lungo i tre chilometri di discesa sino a Loco, riportandoci quindi nel territorio del Comune di Rovegno. Da Loco, la prediletta del poeta Giorgio Caproni nel cui piccolo cimitero riposa, pedaliamo agilmente in pianura sino alla Taverna, che raggiungeremo in pochi minuti lungo la mitica SS 45. 

Il giro del Monte Antola

Di @CesareLombardo  

Ph.@MarcoKanobelj 

La chiamano la montagna dei genovesi, ma i genovesi sono parsimoniosi non egoisti e quindi il Monte Antola, incastonato nell’omonimo Parco Naturale (www.parcoantola.it), è una bellezza fruibile da tutti e in qualsiasi stagione. La fioritura primaverile dei narcisi è quasi un marchio IGP, come la focaccia col formaggio di Recco, ma ciò non toglie che in Antola sia consigliabile salire ogniqualvolta si abbia voglia di ascoltare il respiro della terra, nel mutante volgere delle cosiddette biodiversità che rendono il territorio del Parco dell’Antola una meta irrinunciabile per gli amanti dell’escursionismo. 

Tutti i sentieri portano in Antola, che non sarà la montagna caput mundi, ma che è veramente raggiungibile da svariati punti di partenza e pure con diversi mezzi. Eh sì, perché nell’era futuristica delle e-bike si può pensare di giungere in vetta non solo a piedi, ma anche in sella a una bicicletta elettrica, sempre che le gambe non siano così poderose da permettere al biker di arrancare con la sola forza dei propri muscoli.

Nel caso, stretta di mano e complimenti vivissimi anche perché i sentieri, con i molti tratti di cosiddetto “single track”, non sono affatto semplici da praticare per gli amanti delle ruote grasse cui è richiesta, oltre a una buona forma fisica, anche un’affinata tecnica di conduzione. 
Ma procediamo con ordine e immaginiamo di dover consigliare almeno tre diversi modi per salire sino alla base del
la croce bianca della vetta.
 

Per grandi camminatori 

Dal 2000 il Cai di Sampierdarena organizza una manifestazione di grande fascino, da un paio d’anni purtroppo ferma causa pandemia: la Rigantoca. Si tratta di una marcia non competitiva di oltre 43 chilometri che parte dalle alture genovesi del Righi, sale al Monte Antola e termina nel paesino di Caprile, alle sue propaggini: RIG-ANTO-CA.  

Tuttavia, il percorso è lì, a disposizione di tutti e in qualsiasi periodo dell’anno a eccezione, forse, dei soli mesi con le giornate più corte, sempre che non si metta in conto di camminare qualche ora a luce di frontale. Unica raccomandazione: l’itinerario è adatto a un pubblico allenato. Si tratta, infatti, di percorrere dapprima circa 10 chilometri prevalentemente pianeggianti sulla costiera divisoria tra Val Bisagno e Val Polcevera, di salire alla Chiesetta di Sella e, dopo ancora un po’ di leggera salita, di scendere a precipizio in Valle Scrivia, in località Pratogrande di Avosso. Neanche il tempo di rigenerare le gambe e va subito affrontata la salita forse più dura di tutto il percorso: quella alla Chiesetta della Gorra, da cui si inizia ad ammirare la catena dell’Antola dal versante della Valbrevenna. Da qui, inizia la lunga, costante, ma non ripida salita verso la vetta dell’Antola attraverso i paesini sperduti della rustica Valbrevenna, le caratteristiche cappellette, i ruderi dei vecchi insediamenti rurali e lungo crinali inondati di luce e di colori, come quello sovrastante la Val Pentemina. Poco sotto la vetta, a 1460 metri, ecco il Rifugio Monte Antola  (www.rifugioantola.com). 

Dopo essersi rifocillati al rifugio, ancora un piccolo sforzo e siamo alla croce bianca della vetta, a 1597 metri. A parte i selfie” di rito, qui vale davvero la pena, se il vento in quota lo consente, prendersi qualche minuto per ammirare un panorama unico che spazia dal mare delle due Riviere alla catena delle Alpi di cui, nelle giornate più terse, sono visibili il Monte Rosa, il Cervino e il Monviso. Altrimenti, ci si può accontentare, si fa per dire, della sottostante ValBrugneto, con l’inconfondibile lago che è risorsa idrica per Genova e per il piacentino. E poi le cime più significative dell’Appennino nel territorio cosiddetto delle quattro provincie: Alessandria, Pavia, Piacenza oltre, ovviamente, Genova che qui è padrona di casa. A questo punto, la lunga gita è pressoché terminata; si può scendere verso Caprile, se proprio si vuole rispettare il percorso della Rigantoca, ma questo vale solo per chi ha la possibilità di farsi venire a recuperare da parenti o amici. Altrimenti, è consigliabile scendere direttamente a Torriglia, seguendo le evidenti paline segnaletiche, dove fanno capolinea le corriere che, in un’ora circa, riconducono a Genova, in pieno centro e proprio di fronte alla stazione ferroviaria.

Per chi ama pedalare 

A parte la possibilità di praticare mountain bike, con o senza propulsione elettrica, sui molti sentieri di crinale dell’Antola (cercate su Facebook la pagina dell’Antola Bike Park Area), una gita che ha sempre affascinato chi scrive nasce dall’idea – purtroppo mai realizzata – di organizzare un triathlon dal mare di Genova alla vetta dell’Antola. In sostanza, basta riprendere almeno parte di quell’idea, limitandola alle due frazioni del ciclismo e del podismo, che in questo caso è trekking o, se proprio abbiamo una marcia in più, trail running.

Stabiliamo allora di partire dal centro di Genova, o meglio dal lungomare di Corso Italia, in sella alla bicicletta (per chi desidera utilizzare l’e-bike chiuderemo un occhio) e di risalire la Val Bisagno per giungere, lungo la meno trafficata strada provinciale che attraversa il territorio del comune di Davagna, sino al Passo della Scoffera, che è terminale di tappa dell’Alta Via dei Monti Liguri. Da qui, dopo breve discesa e poi ancora qualche chilometro di salita, si raggiunge Torriglia dove è raccomandabile una sosta appetitosa per gustare il tipico canestrello, delizioso dolce della tradizione locale che ogni maestro pasticcere fa un po’ a modo suo, senza mai deludere le aspettative dei buongustai. Da Torriglia, il percorso procede in salita per altri cinque chilometri sino alla galleria di Garaventa, oltrepassata la quale si apre lo scenario incantevole della Val Brugneto e dell’omonimo lago, della catena dell’Antola propriamente detta e di tutte le frazioni e i paesi disposti a corona sopra l’invaso: Bavastri, Bavastrelli, Propata, Caffarena, Rondanina. E proprio a Bavastrelli lasciamo la bici per proseguire a piedi la nostra ascesa: di buon passo, in un’ora e mezza si raggiunge la vetta e il primo orizzonte cui lo sguardo anela è proprio quello del mare, non fosse altro per congratularsi con stessi all’idea di essere partiti da laggiù sei o sette ore prima. E ora coraggio: il ritorno è quasi tutto in discesa. Quasi: ricordate che siamo in Liguria.

L’Antola per tutti, soprattutto per famiglie 

Chi ha letto sino a qui può avere l’impressione che in Antola possano salire solo ultratrailer o ironman. Niente paura. L’Antola è per tutti. Soprattutto per chi desidera godersi una giornata di sano e rilassante cammino nella Natura. Soprattutto, possono salire famiglie con bambini, sia perché i sentieri escursionistici sono semplici e privi di pericoli, sia per l’interesse didattico legato alle biodiversità di cui si diceva all’inizio, con il corollario delle varietà paesaggistiche, floreali e faunistiche che rendono quest’area un libro di scienze naturali a cielo aperto. Infine, per parlare più alla pancia dei piccoli escursionisti, non dimentichiamo il rifugio, con la possibilità di un meritato pranzetto o di una merenda, o addirittura di pernottare, per vivere – magari – la prima esperienza di una notte in quota, non prima di avere ammirato lo spettacolo di una stellata, in un cielo dove praticamente non esiste inquinamento luminoso. 

Ce n’è più che a sufficienza, mi pare, per decidere di partire, zaino in spalla, per la vetta dell’Antola salendo da uno dei molti punti di accesso alla vetta. Per una gita davvero a misura di bambino, raccomando vivamente di consultare l’enciclopedia on line delle gite in Liguria adatte alle famiglie www.101giteinliguria.it 

Detto questo, non posso certo esimermi dal dare il mio consiglio. Salite in auto sino alla località detta Casa del Romano, sopra il comune di Propata. Occorre solo stare in guardia verso una streghetta di nome cinetosi: se i vostri bambini, cioè, soffrono di mal d’auto, è meglio che rinunciate per pietà verso i tappetini dell’automobile. Ma se il rischio non sussiste, vale davvero la pena raggiungere questo panoramico crocevia tra le Valli Trebbia e Borbera, caratterizzato da un osservatorio astronomico dove si svolgono diverse interessanti attività di divulgazione scientifica adatte, ovviamente, anche ai più piccoli. Da qui, siamo già a 1400 metri di quota, la salita all’Antola è la più facile, per lo meno quella con minore dislivello, ma non per questo poco attraente in quanto percorre un sentiero di crinale che permette di ammirare, da un lato, l’abisso della Val Borbera, dall’altro, l’ampia e solare Val Trebbia sino a che non ci si tuffa nella faggeta che, risalendo il fianco ovest dell’Antola, culmina ai piedi della bella e fiera croce bianca, che si raggiunge in un batter d’occhio, dopo la doverosa sosta alla Cappella di San Pietro per una preghiera, per i più devoti, o perché la tradizione del “salire in Antola” vuole così. 

Io vi lascio qui: dopo avervi raccontato molto, dell’Antola, ma sicuramente non tutto. Chissà quante cose sono rimaste intrappolate nella tastiera. Poco male: salite lassù, ammirate, giudicate con i vostri occhi e scoprite pure da soli il perché i genovesi sono parsimoniosi, ma non egoisti. 

Pasti Gratis alla scuola di Rovegno, il merito è tuo!

Qualcuno ha un grande merito per quanto riportato qui e no, non siamo noi, sei tu e tutti voi che ci accompagnate in questo viaggio nella Cucina degli Antichi Sapori e nei valori che condividiamo.

Non era mia intenzione divulgare questa notizia.
Se una cosa la fai col cuore non hai secondi fini, la fai e basta.
Non vuoi che ti dicano “bravo”, non vuoi pacche sulla spalla.
La fai e basta.
Perché ci credi, perché pensi sia tuo dovere, perché vuoi dire grazie, perché vuoi dare un tuo contributo, perché ami la gente e il posto in cui vivi.

Il nostro è un impegno (ti dico tra poco di cosa si tratta) né più grande né più importante di chi fa il volontario nella pubblica assistenza, o di chi si occupa gratuitamente di tenere puliti i sentieri, chi fa visita agli anziani, chi dà una mano in parrocchia, chi fa parte delle proloco o, non per ultimi, i volontari della Forestale e tutti coloro che permettono a questi paesi dell’entroterra di rimanere vivi e prosperi.
Ma qualcuno, e non faccio nomi 🤨, non ha resistito…
Per carità lo ringrazio per la riconoscenza che mi ha dimostrato, ma non avrei mai voluto che una cosa del genere finisse addirittura sul giornale!!!

Poi quando Edoardo Meoli, giornalista del Secolo XIX, mi ha chiamato per intervistarmi, (con una certa insistenza anche un po’ imbarazzante devo dire) parlando con lui ho capito una cosa:

Il merito di questa iniziativa va a te e a tutti voi che ci seguite da vicino, e siete tantissimi – solo sui social, nel momento in cui scrivo, siete in più di 24.000 – che ci avete sostenuto con la vostra presenza, il vostro passaparola, i vostri acquisti sul sito e, in generale, il vostro costante appoggio.

Clicca sull'immagine per ingrandire

Dal Secolo XIX del 04/02/22

Mi spiego meglio:
Se oggi possiamo erogare gratuitamente i pasti alla scuola di Rovegno, sollevando completamente le famiglie dalla spesa per il pranzo, lo dobbiamo alla stabilità che la nostra attività ha raggiunto in questi anni, una stabilità che sarebbe stato impossibile raggiungere senza il tuo, il vostro aiuto.

Ne abbiamo passate tante insieme e sempre con te al nostro fianco a spronarci.
Tu, insieme alle decine di migliaia di persone che hanno percorso pochi metri o 50/100 o più km per sedersi alla nostra tavola, un giorno o l’altro, con un messaggio o in presenza, con un commento, una recensione, un complimento o un suggerimento, ci sei stato.
Eri con noi durante gli anni di crisi, le stagioni piovose, le difficoltà economiche, il covid, il primo lockdown, l’irreperibilità delle materie prime, la mancanza di personale e tutte quante le altre difficoltà che potrei elencare.

Ci sei, ci siete stati e ci avete permesso di vincere quella scommessa di mollare tutto e ricominciare da capo in un’altra dimensione del vivere, più vicina alla natura, più semplice, sana e a misura d’uomo.

Hai, avete reso possibile la realizzazione di un sogno, quello di creare un posto in cui ci si ritrova in famiglia come a casa nei giorni di festa, con i bambini che ridono gioiosi, i nonni che raccontano le loro storie, la tavola imbandita, i ravioli, il tucco, lo stracotto, quella Cucina degli Antichi Sapori indimenticabile che ti nutre il cuore prima che la pancia.

Una dimensione in cui sono validi quei valori che sembravano persi per sempre, la cui scintilla, quasi spenta sotto le braci di un mondo distratto, ci hai aiutato a riaccendere.

Ecco, va a te, a voi che avete letto fin qui rimandando il vostro prossimo impegno, resistendo alla tentazione di scorrere oltre al prossimo post, alla prossima immagine accattivante, va a tutti voi il mio grazie e quello della comunità di Rovegno e dei paesi della Val Trebbia che usufruiscono del servizio mensa della scuola.

Grazie a te Amico e a tutti voi Amici di Forchetta da Luca, Laura e tutto il Taverna Team

Un abbraccio
Luca

San Valentino – Arte, Amore, Cucina

Un Tavolo davanti al fuoco

La stufa accesa, un tavolo rustico apparecchiato a festa, una candela e tovaglioli rossi, i calici scintillanti in attesa del vino, intimità, calore, sguardi, sospiri, profumi e sapori.

A proposito, tu che programmi hai per San Valentino? Guarda qui se ti piace quello che abbiamo organizzato:

Diciamoci la verità: se per celebrare la ricorrenza di San Valentino facessi un resoconto storico dalle sue radici pagane all’istituzione della festività cristiana…

Beh, forse renderei un servizio non proprio apprezzato dalle tante coppie di innamorati di tutte le età che aspirano soltanto a trascorrere una giornata in intimo relax o una serata al lume di candela, magari gustando cibi afrodisiaci in un ristorante fuori porta! 😉

Ciononostante, non posso sorvolare su un’indubitabile verità:

È l’Amore, quello con la maiuscola, che ha ispirato le più raffinate espressioni dell’arte letteraria, pittorica e scultorea.

Basti pensare agli innamorati di William Shakespeare, che nell’”Amleto” fa evocare San Valentino da Ofelia, o all’”Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, quel potente amore, che obbliga chi è amato ad amare a sua volta, dei tragici amanti di Paolo e Francesca nel V canto dell’Inferno dantesco.

E come non ricordare il celebre bacio di Francesco Hayez, esemplare rappresentazione del romanticismo italiano

 o la neoclassica scultura di Antonio Canova “Amore e Psiche”, esposta al Louvre.

Per finire, ecco la straordinaria fotografia del bacio di Times Square, tra un marinaio e un’infermiera neppure fidanzati tra loro, che da sempre sintetizza la gioia liberatoria per il ritorno a una vita normale dopo gli anni della Seconda guerra mondiale.

San Valentino a tavola

Ebbene anche oggi ci troviamo, questo è l’augurio di tutti, allo sbocco di una galleria buia, desiderosi di rivedere la luce della nostra vita felice o, per quanto possibile, spensierata.

Quale modo migliore di celebrare questa liberazione con una festa dedicata proprio agli innamorati e quale modo migliore per farlo se non nella familiarità di un pranzo, o di una cena?

Parlavo di espressioni artistiche:

Ebbene, perdona la deformazione professionale, ma anche la gastronomia lo è per la sua capacità di stimolare i sensi visivi, olfattivi, del gusto con la stessa potenza con cui un’opera d’arte muove percezioni diverse e simili al tempo stesso, non credi?

C’è di più:

La tavola degli Antichi Sapori, col recupero delle tradizioni culinarie della nostra storia, ci riporta al gesto d’amore più semplice e diretto che ci sia:

Il preparare con cura e dedizione qualcosa di gustoso, di piacevole al palato, per la persona cara.

Lo facevano le nostre nonne per i mariti che rincasavano dopo una lunga e dura giornata di lavoro, o per celebrare in famiglia una giornata di festa ed è questo il motivo per cui la nostra si chiama Cucina degli Antichi Sapori, quella cucina che prima di tutto è un atto d’amore.

Quella cucina che svolge una funzione quasi bibliografica nel recupero delle antiche ricette e che cerca di far cultura a colpi di ingredienti, sapori e antichi riti quasi dimenticati per riportare in vita in modo concreto, plastico e vitale aspetti e rappresentazioni della vita che fu.

Un abbraccio
Luca

P.S. sei pronto a scoprire il nostro menù… afrodisiaco di San Valentino?

Il menù alla Taverna è valido per le serate di lunedì 14, venerdì 18 e sabato 19
Se lo vuoi col servizio delivery a casa tua basta ordinarlo entro il 10 febbraio 😉

Viaggiare in Val Trebbia è come comporre un puzzle

Articolo di Cesare Lombardo, coautore di “Girigiritondi bimbi in gita su per i monti

Viaggiare in Val Trebbia è come comporre un puzzle. Bisogna partire dalla cornice per poi andare a mano a mano e senza fretta verso il centro, inserendo sapientemente le tessere del mosaico. Questa cornice è la catena dell’Antola, dal Monte Antola propriamente detto al Carmo, all’Alfeo, al Lesima e, sull’altro versante del bacino idrografico del Trebbia, sono le cime che fanno da spartiacque con le Valli dell’Aveto: Gifarco, Roccabruna, Oramara, Montarlone e Dego. No: non voglio fare una lezione di geografia, ma questi nomi mi sono talmente familiari, dopo anni di frequentazione della valle e di escursioni a piedi e in bici alla scoperta dei suoi più reconditi anfratti che sciorinarli non è tanto un vezzo accademico, quanto un atto d’amore.

Pian della Cavalla

Per frequentare la Val Trebbia, infatti, occorre un animo romantico, un cuore incline all’innamoramento rapido, al cosiddetto colpo di fulmine. Tuttavia, non troverete un’amante (va bene anche senza l’apostrofo, per parità di genere) facilmente disponibile; bisogna essere capaci di andare a fondo, di analizzarne tutte le sfaccettature: geografiche, urbanistiche, ecologiche, storiche, gastronomiche e di costume. Non è facile, ma non voglio spaventarvi, anzi! Se lo permettete, mi piacerebbe darvi alcune istruzioni su come completare il puzzle.

Pian della Cavalla

Lago del Brugneto

Monte Antola

Camminate. Sui sentieri del Parco dell’Antola tra pascoli, boschi, cappellette, distese prative: dai più classici itinerari che salgono al Monte Antola, alle praterie del Pian della Cavalla, dagli anelli per famiglie attorno al Rifugio dell’Antola, al classico giro del lago del Brugneto.  Se vi capita, organizzate una breve gita notturna, magari partendo proprio dal Rifugio del Monte Antola  dove poi potrete fermarvi a dormire: raggiungete la vetta dell’Antola e poi spegnete la luce frontale. Ammirerete lo spettacolo della notte stesa come un lenzuolo di seta sulla Val Trebbia, nei cui cieli l’inquinamento luminoso è praticamente nullo.

Monte Gifarco

Monte Gifarco – La Spada nella Roccia

Entrate in una fiaba, salendo coi vostri bambini al Monte Gifarco ad ammirare la spada nella roccia,  ma non mancate di esplorare i boschi, le pinete che coronano i sentieri che uniscono le varie cime dello spartiacque con le Valli dell’Aveto.

Sosta in bici e… piatto di “Ravioli del Borgo”

Pedalate. Provateci, almeno, ad attaccare queste salite da veri grimpeurs facendo affrontare la sfida ai figli più grandicelli, per andare a scoprire valichi come il Fregarolo o la Maddalena, o località impervie come Casa del Romano o Barbagelata. Scoprite strade di campagna esenti da traffico, come la bella provinciale che da Rovegno sale a Pietranera e poi prosegue, nel bosco e senza difficoltà, sino a Casanova. Consultate le mappe e divertitevi, insieme ai vostri figli, a studiare itinerari, ma non dimenticate le immancabili soste gastronomiche, per rendere ancora più appetitose le vostre gite.

Rilassatevi. Se non siete particolarmente sportivi, va bene anche un libro, il greto del fiume Trebbia, o una seduta nel bosco: potrete se non altro respirare, lontano dalla vostra automobile, dagli affanni della vita di tutti i giorni, ma anche da qualche certezza e comodità. Qui in Val Trebbia, infatti, i ritmi sono rimasti quelli di una volta: per esempio, occorre mettere in conto qualche minuto in più per fare la spesa, perché il negozio è uno spazio sociale e nessuno se la prende di fretta.

Ristorante La Taverna

Il salire in Val Trebbia è un viaggio a tutti gli effetti, non importa dove vi porta, ma ciò che vi lascia. Se sarà la voglia di tornare, vorrà dire che sarete stati ammaliati da quel misto di rustico e di accogliente che, benché se ne dica, è qualcosa di molto ligure, anzi ligure-appenninico: ancora più saporito, come il prebuggion.

Cesare Lombardo

Su gentile concessione di www.101giteinliguria.it

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Torta Rovegnina

Dal primo pasticciere della Leonardo Da Vinci a La Taverna, ma di chi fu l’idea?

La Torta Rovegnina

Il dolce simbolo di Rovegno, una frolla con 3 farine, noci, mandorle e nocciole, una ricetta esclusiva La Taverna
Tu lo sapevi che fu il primo pasticciere della Nave Leonardo Da Vinci a dosare la prima ricetta della Rovegnina?
Proprio così! Fu un suo caro amico di Isola di Rovegno (una frazione a pochi chilometri dal capoluogo) a dargli l’incarico.
Fu proprio quell’amico ad avere l’idea di un dolce che racchiudesse in sé i sapori e i profumi della valle.
Una persona che aveva, ed ha tutt’ora a cuore la Val Trebbia, i suoi abitanti, la cultura di questi luoghi ricchi di storia, la fauna e la flora, gli antichi aneddoti e le usanze di un popolo di persone semplici e tenaci che hanno saputo valorizzare col duro lavoro le preziose risorse di questo territorio.
Fu il Sindaco di Rovegno Giuseppe Isola, Pinuccio per gli amici, che diede il via a quello che poi sarebbe diventata la nostra Rovegnina.
L’idea era quella di creare una torta semplice, casereccia, che ricordasse gli Antichi Sapori della Tradizione e i prodotti locali come la farina di mais, le nocciole e le noci, e farlo diventare il dolce simbolo di Rovegno. 😋😋😋
Per molto tempo la Rovegnina rimase un esperimento e una bella idea in attesa di essere lanciata.
Era un po’ come una bella principessa piena di speranze che aspetta il suo principe per coronare il sogno di una vita felice e meravigliosa…
Ma il principe tardava ad arrivare e la principessa era ormai triste e stanca di aspettare.
La prima volta che Pinuccio venne a pranzo da noi a La Taverna, dopo aver mangiato i nostri ravioli, gli luccicavano gli occhi.
Ci disse che la nostra cucina aveva qualcosa di più, che avevamo nel sangue gli Antichi Sapori e i valori della tradizione, ma allo stesso tempo la voglia di sperimentare e questo forse gli ricordava qualcosa di sé.
Ci raccontò della Torta Rovegnina, del pasticciere, della ricetta e fu il mio turno di avere gli occhi lucidi, il resto… è storia 😊
Abbiamo adottato, studiato, dosato e ridosato la ricetta per farne un dessert di fine pasto nel nostro stile, dai sapori caldi e semplici di una volta.
Ad oggi siamo gli unici ad avere l’esclusiva di questa torta che troverai nel nostro menù, se vuoi, accompagnata da un aromatico passito. 🍷
L’hai già assaggiata? Se la conosci già merita un bis, se non la conosci… cosa aspetti? 😊😊😊
Dimenticavo! La trovi anche sotto forma di biscotti: i Rovegnini da portare a casa o regalare agli amici. 😋
Un grande abbraccio
Luca
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